Obiettivo giusto, percorso sbagliato/Estrema prova a cui è chiamato il governo

Come conseguire il pareggio di bilancio

di Saverio Collura

Il conseguimento prima ed il mantenimento poi del pareggio di bilancio dello Stato rappresenta un impegno ed un obiettivo totalmente condivisibile da tutti e specialmente dal PRI, che da sempre ha caratterizzato in tal senso la sua attività politica e la sua azione governativa e parlamentare. Da ciò il costante e concreto sostegno che i repubblicani assicurano ad ogni provvedimento che operi ed incide in questa direzione. La stabilizzazione dell’azzeramento del deficit è il primo passo e la pre-condizione necessaria per affrontare in modo efficace la questione della crescita e dello sviluppo, che oggi pesa come un macigno insostenibile su tutta la collettività nazionale e che rischia di travolgere, anche dopo l’approvazione di questi ultimi provvedimenti finanziari, l’intero Paese. Le cifre sono drammatiche e parlano chiaro: al 30/4/2011 il debito pubblico è pari a 1890 miliardi di euro (120% del Pil), con un aumento rispetto al 31/12/2001 di circa 530 miliardi (una media annuale di oltre 55 miliardi). Questa è la cifra aggiuntiva di debito che il primo decennio del nuovo secolo trasferisce, in aggiunta al debito del secolo scorso, alle generazioni future.

La decisione del governo di pervenire al pareggio di bilancio (-0,2% del Pil) solo alla fine del 2014 produrrà come effetto un ulteriore aumento del debito di 137 miliardi (otto punti del Pil); che potevano essere risparmiati se non si fosse imboccata la strada incomprensibile di non operare in modo incisivo anche nel biennio 2011-2012, per concentrare solo nel successivo biennio tutto l’intervento correttivo. Una decisione illogica, questa, in quanto non riconducibile ad un serio progetto di intervento alternativo sul sistema economico complessivo; forse la motivazione di tale incomprensibile scelta sta nelle amare considerazioni di recente espresse dal prof M. Monti quando scrive: "Nell’attuale manovra il piacere deve essere in parte consistito nel fare slittare sul prossimo governo la quota del culto pubblico nel porre in atto davvero le misure del risanamento."

Ma ciò ha un prezzo; perché, come abbiamo visto venerdì 8 luglio, pur con i provvedimenti già resi ufficiali, la speculazione finanziaria ha inferto un duro colpo aumentando lo spread dei Btp rispetto ai Bund tedeschi di oltre 240 punti. E pensare che se attraverso azioni tempestive e virtuose sulla finanza pubblica si riuscisse a convincere (cosa certamente possibile) i mercati internazionali della bontà e della efficacia degli interventi di governo, si potrebbe ottenere una drastica e consistente riduzione dello spread di almeno 100 punti. Questo risultato è sicuramente alla nostra portata perché il Paese dispone di risorse inespresse e di riserve adeguate; basti pensare che nel dicembre 1998 lo spread era favorevole, anche se di limitata entità, per i BOT decennali italiani. Il prof. T. Boeri ha evidenziato il possibile risparmio sull’ammontare annuo degli interessi passivi sul debito a fronte di una riduzione di 100 punti di spread: 3 miliardi per il 2011, 6 miliardi per il 2012, per stabilizzarsi, a regime, in 12 miliardi all’anno (0,75% del Pil).

Con il piano di stabilità (PS) varato nel mese di aprile 2011, il governo si limitò a rendere la fotografia più reale possibile del sistema economico dell’Italia, senza prefigurare alcun sostanziale intervento, tanto che la Corte dei Conti, nel contesto di un’analisi molto complessa ed ampia, si espresse così: "Nelle scelte governative, il biennio 2011-2012 resta affidato all’andamento spontaneo dell’economia e della finanza pubblica, senza interventi di contenimento dei disavanzi, né azioni di riqualificazione della spesa, né effetti di stimolo della crescita". Tutto ciò ha comportato che a distanza di soli tre mesi il governo si trovi ad affrontare problemi prima ignorati e cioè portare il deficit tendenziale del 2013 dal 2,7% del Pil all’1,5% (20 miliardi di euro di correzione) e quello del 2014 dal 2,6% alla 0,2% (40 miliardi di correzione). Il decreto legge recente è finalizzato a questo obiettivo. Purtroppo il provvedimento varato prevede, ad oggi, solo una parziale copertura dei fabbisogni prima indicati e precisamente 17,8 miliardi per il 2013 e 25,3 miliardi per i 2014 (costituiti da 17,8 miliardi derivanti dal trascinamento del 2013 e da nuove ed ulteriori risorse per 7,5 miliardi). Le somme mancanti, il governo ipotizza di realizzarle attraverso alcuni effetti della legge delega tributaria, peraltro ancora sostanzialmente da definire, rispettivamente per 2,2 miliardi nel 2013 e per 14,7 miliardi nel 2014 (costituiti da 17,8 miliardi derivanti dal trascinamento del 2013 e da nuove ed ulteriori risorse per 7,5 miliardi). In sostanza la manovra per l’azzeramento del deficit viene realizzata per il 50% attraverso tagli di spese e per il restante 50% da prelievi fiscali (tagli alle detrazioni e\o deduzioni ex IRPEF, minori ammortamenti ammessi per le società concessionarie, tickets sanitari, maggiorazione IRAP per banche ed assicurazioni), con aspetti anche di tassa patrimoniale (bollo dossier titoli), con buona pace di quanti vanno ripetendo che il governo non mette le mani nelle tasche degli italiani. Sarebbe utile ed interessante analizzare nei dettagli le varie voci indicate per realizzare la manovra ed evidenziarne i vari aspetti di rischio, di equità, di sostenibilità e di effetti conseguenti; ma non è possibile ora per l’economia di spazio. Tutto ciò va meditato anche alla luce dell’impegno ulteriore che il governo ha assunto in sede UE di realizzare a partire dal 2015 il percorso di rientro del debito totale entro il limite del 60% del Pil.

Tale impegno prevede che in ogni Paese, a partire da quell’anno, bisognerà realizzare la riduzione del 5% del debito per la quota parte che eccede il 60% del Pil. Per l’Italia, prevedendo alla fine del 2014 un debito pari a circa il 113% del PIL (circa 1980 miliardi di euro ), bisognerebbe ridurre ogni anno il debito di circa 52,5 miliardi di euro. Pensando a tutto ciò, appare chiaro e logico che sarebbe stato opportuno e necessario affrontare la manovra di azzeramento del debito con una tempistica diversa ed anticipata al 2011. Tutto ciò chiama in causa la capacità e la credibilità del governo, entrambe forse non a prova di bomba, se il prof. M. Monti di recente scriveva: "Va detto che nella politica economica dei governi Berlusconi, in carica per otto degli ultimi 10 anni, sono sempre più evidenti i danni arrecati dal fatto che la grande, risoluta ed indispensabile determinazione contabile non è stata e non è oggi ancorata ad alcuna strategia concreta e credibile di politica economica".

Questa volta, noi aggiungiamo, l’impegno a cui è chiamato il governo è fondamentale: o saprà dare una risposta adeguata, tempestiva e risoluta, oppure si renderà ineluttabile ricorrere a nuove e più idonee prospettive politiche.